Shepard Fairey - L’Arte delle Idee

[Devi essere iscritto e connesso per vedere questo link] (Obey) è entrato prepotentemente sulla scena underground nel 2008 quando creò il famoso poster per la campagna elettorale su Barack Obama. L’iconico ritratto HOPE ha fatto il giro del mondo diventando l’icona simbolo dei sostenitori del presidente americano. Immagine ripresa da organi ufficiali come la rivista Time che l’ha utilizzata come copertina per Person of the Year del 2008 e dall’Esquire Magazine nel febbraio 2009. Seguiranno i poster con di nuovo il presidente come protagonista con le scritte VOTE e CHANGE. Secondo il critico del New Yorker, Peter Schjeldahl, l’immagine creata da Fairey è l’illustrazione americana più efficace che sia stata mai creata a dispetto persino della famosa campagna americana Uncle Sam Wants You. Ma chi è Fairey?

Stati Uniti, anni ‘80: un adolescente del South Carolina, incapace di trovare gadget dei suoi gruppi punk preferiti nella provincia annoiata, decide di crearsi da solo spille e magliette con l’aiuto di una fotocopiatrice; quel giovane si chiamava Shepard Fairey. Dagli anni ‘80 ai nostri giorni quel ragazzino ormai uomo ne ha fatta di strada: adesso si fa chiamare Obey e nel 2008 ha ricevuto una lettera di ringraziamento firmata da Barack Obama in persona per il suo impegno a sostegno della propria candidatura per la corsa alla presidenza. Tra i diversi manifesti per la campagna elettorale, Fairey realizzò il famosissimo “Hope”, che gli fece guadagnare fama a livello internazionale e influenzò tantissimo il voto di numerosi elettori americani. Ma chi è Shepard Fairey alias Obey? Senza dubbio è un artista capace di trasferire le opere della sua tanto amata street art dai muri delle città a numerose gallerie in tutto il mondo, senza mai abbandonare il concetto base dell’arte di strada stessa: «Per me la street art è sempre stata un modo, non avendo soldi, di fare la differenza e dare spazio alla propria voce», ha dichiarato lo stesso Obey, utilizzando lo spazio urbano come contenitore di messaggi pubblici ad alto contenuto politico e sociale.

«Uno dei motivi per cui mi piace la street art è che consente alla gente di confrontarsi con il concetto di ARTE. La rende popolare, un po’ come fece Andy Warhol. Così l’arte non è più confinata nei luoghi ADATTI ma è sotto gli occhi di tutti, e tutti possono dare la loro opinione». Nel 1989, insegnando ad un amico a realizzare stencil, il giovane Shepard prende per puro caso una foto dell’allora famoso wrestler André the Giant realizzando il primo adesivo “André the Giant has a posse” che diventerà la sua firma nonché icona, presente in quasi tutte le sue opere. In quegli stessi anni, Shepard riportò quella stessa icona sulle T-shirt per il negozio di skate presso il quale lavorava, creando attorno a sé una rete sempre più ampia di ammirazione nel mondo dello skate.

Nel 1995, “André the Giant has a posse” sarà anche il titolo del documentario della regista Helen Stickler dedicato al lavoro come artista di Fairey. Qualche anno dopo, ispirato dal film “Essi vivono” di John Carpenter, Fairey cambierà il suo nome artistico in Obey Giant. Artista a 360 gradi, oltre ad aver fondato lo studio di design BLK/MRKT attivo dal 1995 al 2003 e l’agenzia studio Number One con la moglie, Shepard Farey è impegnato anche in ambito musicale come dj con gli pseudonimi “DJ DIABETIC” e “MC INSULINE”; ha inoltre creato la linea d’abbigliamento street OBEY ed è co-fondatore della rivista SWINDLE.

Influenzato da Heidegger e Marshall McLuhan nonché della fotografa Barbara Kruger, le sue opere serigrafiche dal colore rosso sempre in primo piano, sono lo specchio della sinistra americana progressista, una protesta visiva che riprende i temi della propaganda socialista e anticapitalista. Tra i suoi soggetti, infatti, ritroviamo un “Uncle Sam” che tiene in mano dei teschi che riportano le scritte “human rights”, “peace”, “democracy”, il manifesto urbano “The big brother is watching you” ispirato a “Nineteen Eighty-Four” di Orwell realizzato nel 2007, nonché diverse opere contro l’inquinamento come “Sunsets” del 2007 e “Visual pollution smoke staks” del 2001.

Numerosi sono anche i soggetti femminili di tutto il mondo impegnati nella lotta e per la pace: “Arab Woman”, “Afrocentric red”, “War for sale”, “Phanter Power”, “Peace Woman” e “Peace Goddess” sono solo alcuni esempi. Inoltre, per la campagna “Be the revolution” del collettivo Post-Gen, Obey firma nel 2004, insieme a Robbie Conal e Mear One, alcuni poster di protesta contro la politica Bush e la guerra in Iraq tra i quali colpisce molto “Greetings from Iraq”.

«Uno dei motivi per i quali ho lavorato per anni come grafico era perché volevo un’entrata indipendente dal mio lavoro di artista. Così anche se perdevo il 25% degli iscritti alla mia mailing list perché avevo fatto un poster contro Bush o contro la guerra in Iraq non dovevo preoccuparmi delle conseguenze commerciali», ha dichiarato l’artista.

Grazie ad un collezionista privato romano, la Mondo Bizzarro Gallery di Roma ha inaugurato lo scorso 29 gennaio la sua prima personale in Italia con 60 opere acquistabili create negli ultimi 10 anni dal titolo “Shepard Fairey / Obey – A Private Collection”, accompagnato dal primo libro in italiano dedicato a un artista che nonostante sia stato in carcere ben 15 volte per amore della sua street art, continua a far sentire la sua voce e le sue idee forti e chiare a chiunque abbia voglia di ascoltare e di vedere.