La storia del trofeo inizia il 29 maggio 1928, quando il congresso d’Amsterdam discusse ed approvò il progetto del torneo mondiale per nazioni proposto dal francese Henry Delaunay. Il presidente della FIFA Jules Rimet accolse la proposta dell'Uruguay di organizzare il torneo in concomitanza con il centenario della propria indipendenza. La federazione accettò il progetto e Rimet affidò all’orafo parigino LaFleur (cresciuto alla scuola del famoso Cartier) l'incarico di realizzare il trofeo. Abel Lafleur, in un periodo in cui lo Stile Liberty e l'Art déco erano al loro apice, coniò una statuetta raffigurante una vittoria alata (originariamente chiamata Victory ("Vittoria") che reggeva una coppa ottagonale, il tutto appoggiato ad un piedistallo di marmo a base anch'essa ottagonale. Il peso complessivo era di 3800 grammi, di cui 1800 grammi in oro a 18 carati. L’altezza del trofeo era di 30 centimetri. Il trofeo fu messo in palio la prima volta a Montevideo nel 1930; la coppa raggiunse il Sudamerica a bordo della nave italiana Conte Verde, che salpò da Villefranche-sur-Mer, vicino Nizza, il 21 giugno 1930. Sulla stessa nave viaggiavano Jules Rimet e i giocatori delle Nazionali francese, romena e belga (l'altra delegazione europea, quella jugoslava, viaggiò su un'altra nave). Il viaggio proseguì poi in Italia, vincitrice del trofeo nel 1934 e 1938.
Nascosta in Italia durante la guerra
La coppa fu riportata a Roma dopo la seconda vittoria azzurra ai Mondiali di Parigi del 1938 ed era ancora lì allo scoppio della guerra (l'Italia avrebbe dovuto custodirla fino al momento della consegna alla nazione organizzatrice del Mondiale successivo). Fu prelevata segretamente dalla banca dove era in deposito e presa in custodia dall'ingegner Ottorino Barassi, segretario della Federcalcio e vice presidente della FIFA, che la nascose nella sua abitazione in piazza Adriana. Il prezioso metallo del trofeo suscitò l'interesse da parte degli invasori nazisti che perquisirono l'abitazione dell'ing. Barassi nonostante questi avesse dichiarato che la coppa era stata presa in custodia dal CONI. Il trofeo fu messo in salvo in una scatola di scarpe nascosta sotto il letto ed i tedeschi incredibilmente non la trovarono. Lo stesso Barassi portò poi la coppa in Lussemburgo nel 1946.
Il primo furto
Nel marzo del 1966 l'Inghilterra, che aveva ottenuto l'incarico di organizzare il Campionato Mondiale in quell'anno, per solennizzare l'avvenimento organizzò una mostra di francobolli sportivi di grande valore presso la Westminster Central Hall. Fu esposto anche il trofeo che però, il 20 marzo, venne rubato. Le indagini portarono all'arresto di Edward Bletchley, portuale quarantasettenne disoccupato. Bletchley aveva inviato a Joe Mears, presidente della Football Association, presso la sede di Lancaster Gate, una lettera anonima: al suo interno la proposta per una trattativa (veniva richiesto un riscatto di 15.000 sterline) e un piccolo frammento del basamento di marmo. Mears accettò la proposta; lo scambio sarebbe dovuto avvenire al Battersea Park, Mears tuttavia avvisò la polizia che fu presente sul luogo: Bletchley se ne accorse e tentò la fuga, ma fu catturato, arrestato e tradotto nella prigione di Brixton. Egli affermò di essere un semplice esecutore, e che qualcun altro gli aveva dato 500 sterline per impossessarsi della coppa. Le notizie sui fatti che seguirono sono molto incerte: sembra che Bletchley abbia fatto un ulteriore accordo con la polizia in carcere dove avrebbe ricevuto la visita di una donna misteriosa. Quel che è certo è che tutto si risolse il 27 marzo, quando Pickles (letteralmente 'sottaceto'), un cagnolino senza pedigree di David Corbett (ventisei anni, impiegato in un'agenzia di viaggi) mentre era fuori col suo padrone, ritrovò la coppa avvolta in un giornale sotto una siepe di un giardino della periferia a sud di Londra. Come misura di sicurezza, la English Football Association chiese alla FIFA l'autorizzazione a creare una replica del trofeo da usare durante le celebrazioni post partita. Il permesso fu negato ma la copia fu comunque commissionata in segreto ad un gioielliere londinese, George Bird, e da questi realizzata in bronzo dorato. Fu utilizzata per le occasioni successive fino al 1970 ed in seguito restituita al suo creatore.
L'assegnazione definitiva
Nel Mondiale del 1970 arrivarono alle semifinali tutte e tre le squadre che avevano già vinto due volte il trofeo: il Brasile, l'Italia e l'Uruguay. Il regolamento FIFA prevedeva l'assegnazione definitiva della coppa alla nazionale che avesse vinto la rassegna per tre volte. La Celeste fu eliminata dalla Seleção, così l'Italia e il Brasile si affrontarono in finale il 21 giugno a Città del Messico. La nazionale italiana, reduce dalla lunga e faticosa semifinale con la Germania (quella che verrà poi definita la Partita del secolo), fu sconfitta dai sudamericani 4 a 1. Questi, aggiudicandosi per la terza volta la coppa, ne presero definitivo possesso. Al suo posto fu assegnata, a partire dal Mondiale successivo (ospitato dalla Germania Ovest nel 1974), la Coppa del Mondo FIFA.
Il secondo furto
La Coppa Rimet fu rubata nuovamente il 19 dicembre 1983, dalla sede della Confederazione Brasiliana di Calcio. Sergio Pereira Ayres detto Peralta, insieme a José Luis Rivera, detto Luiz Bigode (baffuto), un decoratore, e Francisco José Rocha, detto Chico Barbudo, ex detective e al tempo attivo nel mercato dell'oro, si introdussero nella sede della Confederazione dopo aver immobilizzato il guardiano e si appropriarono della coppa. Decisero poi di fonderla in lingotti d'oro. Per questa operazione si fecero aiutare da José Carlos Hernandez, commerciante di origine argentina in affari con Barbudo. Con l'attrezzatura di quest'ultimo potevano però fondere al massimo 250 grammi alla volta; la parte aurea del trofeo, che pesava 1800 grammi, fu dunque sezionata e fusa un pezzo alla volta in un arco di tempo di 7 ore. La vendita dell'oro fruttò ai malviventi 15.500 dollari. Il progetto di Peralta fu poi svelato da Antonio Setta, brasiliano contattato da Peralta come primo complice che però si rifiutò di collaborare. Da qui gli investigatori scoprirono in poco tempo tutti i complici[5]. La Confederazione commissionò una replica fatta da Eastman Kodak, usando 1800 grammi d'oro. Questa replica venne presentata al presidente brasiliano nel 1984.
L'asta da Sotheby's
A seguito della morte di George Bird, artefice della copia nel 1966, i suoi eredi decisero nel 1997 di vendere quest'ultima inserendola nel catalogo della casa d'asta Sotheby's dove venne descritta come «replica». Il prezzo di riserva di 20.000-30.000 sterline parve eccessivo a molti, dato lo scarso valore intrinseco dell'oggetto (circa un decimo). Forse proprio per questo si fece strada in qualcuno l'idea che si trattasse della coppa originale; l'asta infatti fu chiusa al prezzo astronomico di 254.500 sterline e vinta dalla FIFA, che se la disputò con la Federazione Calcistica Brasiliana[6]. Fu poi verificato che il trofeo era effettivamente una copia e la FIFA lo mise in mostra al National Football Museum a Preston.
Le teorie sul reale destino della Coppa
Le numerose peripezie attraversate da questo trofeo e le molte circostanze mai chiarite relative alle sue sparizioni lasciano spazio all'ipotesi che la coppa di LaFleur possa non essere andata distrutta nel 1983.
Assegnazioni
Il trofeo è stato assegnato complessivamente nove volte, la prima nel 1930 all'Uruguay, l'ultima, quarant'anni dopo, nel 1970, al Brasile. Non è stato assegnato nel 1942 e nel 1946 a causa della Seconda Guerra Mondiale.
Vincitori trofeo Jules Rimet
1930 Uruguay
1934 Italia
1938 Italia
1950 Uruguay
1954 Germania Ovest
1958 Brasile
1962 Brasile
1966 Inghilterra
1970 Brasile Fonte: Miste