Le Strade Nuove e il sistema dei Palazzi dei Rolli
ITALIA
[Devi essere iscritto e connesso per vedere questa immagine]Patrimonio dell'umanità dal 2006 Palazzo Lercari-Parodi
Il palazzo Lercari-Parodi o palazzo Franco Lercari fu fatto erigere a partire dal 1571 da Franco Lercari. Nel 1845 fu acquistato dalla famiglia Parodi, che ne è ancora proprietaria.
Il palazzo, di cui non si conosce il progettista, si differenzia dagli edifici della Strada. La parte inferiore della facciata è decorata a bugnato a punta di diamante, mentre i piani superiori risultavano all'origine alleggeriti da una serie di logge aperte, poi chiuse da vetrate e murate all'inizio dell'Ottocento.
Sempre nella facciata ha particolare rilievo il portale retto da due telamoni con nasi mozzi, opera di Taddeo Carlone, che qui rievoca l'atroce leggenda di Megollo Lercari, antenato del committente, vendicatosi dei suoi nemici mutilandoli di nasi e orecchie.
Saliti al primo dei due piani nobili troviamo entro due nicchie i busti di Franco Lercari e della moglie Antonia De Marini opera di Taddeo Carlone, la decorazione ad affresco, della fine del Cinquecento, con ariosi paesaggi in riquadri e, nella volta, scene di battaglia.
Nella volta del salone del secondo piano nobile si trova un vero capolavoro della pittura genovese: l'affresco di Luca Cambiaso che raffigura l'impresa di Megollo Lercari con la costruzione del fondaco dei genovesi a Trebisonda, ossia le costruzioni necessarie per condurre i commerci nella colonia genovese sul mar Nero. L'affresco vuole al tempo stesso ricordare la costruzione del palazzo Lercari in Strada Nuova, fornendo così un'idea dell'aspetto della via negli anni della sua apertura.
Palazzo Carrega-Cataldi
Il palazzo Carrega-Cataldi o palazzo Tobia Pallavicini fu costruito tra il 1558 e il 1561 per Tobia Pallavicino da Giovanni Battista Castello il Bergamasco con la collaborazione di Bartolomeo Riccio, di Domenico Solari e di Antonio Roderio.
La costruzione cinquecentesca era costituita da un blocco cubico di due piani più due mezzanini. L'edificio non subì modifiche rilevanti fino all'inizio del XVIII secolo, quando passato in proprietà alla famiglia Carrega venne sopraelevato di un piano ed ampliato considerevolmente: furono costruiti due bracci perpendicolari e il corpo retrostante delimitati verso Piazza del Ferro da una semplice facciata ad intonaco.
La decorazione interna rispecchia le due fasi della costruzione: le pareti laterali e la volta del vestibolo del piano nobile sono interamente rivestite, grazie all'intervento del Bergamasco, da stucchi e grottesche e da riquadri affrescati che rappresentano Apollo Citaredo con le Muse e figure musicanti.
Alla fase settecentesca appartiene la cappella decorata da Lorenzo De Ferrari con una architettura a stucco e finto stucco che inquadra l'affresco con un volo di angeli; anche le ante della porta sono dipinte su tela dallo stesso pittore che vi raffigurò due medaglioni con l'Annunciazione e la Natività.
La galleria dorata che chiude la struttura settecentesca del palazzo costituisce un esempio significativo del gusto Rococò a Genova. Fu interamente ideata dal De Ferrari tra il 1734 e il 1744 seguendo un disegno unitario che fonde insieme stucchi dorati, specchi ed affreschi.
Nel medaglione centrale della volta e nei tondi su tela vengono svolti gli episodi più importanti dell'Eneide, dal Concilio degli Dei all'Uccisione di Turno. Il palazzo, oggi sede della Camera di Commercio.
Palazzo Angelo Giovanni Spinola
Il palazzo Angelo Giovanni Spinola o palazzo Doria fu iniziato nel 1558 per Angelo Giovanni Spinola, ambasciatore della Repubblica di Genova in Spagna e banchiere dell'Imperatore Carlo V di Francia, e completato nel 1576, sotto il figlio Giulio.
A quest'ultimo si devono gli sbancamenti di parte della collina posteriore, intorno al 1580, che permisero l'ampliamento del cortile e del giardino. Autore del progetto fu l'architetto Giovanni Ponzello. Dall'inizio del XX secolo è sede di uffici bancari.
Il palazzo presenta una facciata che lascia scorgere, a fatica, gli affreschi dei fratelli Calvi, cui forse collaborò Lazzaro Tavarone. Sia in facciata, sia negli affreschi dell'atrio, i Calvi vollero celebrare i committenti: i vari membri della nobile famiglia compaiono vestiti come condottieri romani, chiara allusione al valore ed alla grandezza della stirpe.
Salendo ai piani superiori per un bello scalone affrescato da "grottesche" troviamo affreschi di Andrea Semino, Bernardo Castello e di Lazzaro Tavarone.
In particolare un affresco, attribuito a Andrea Semino, conserva la preziosa immagine del palazzo come era alla sua origine, visto dal lato monte: grazie ad esso si può comprendere l'originale modo di "costruire in costa", adottato dagli architetti di Strada Nuova.
Per la costruzione di questi palazzi si dovettero superare le difficoltà poste da un terreno accidentato che dalla collina scendeva rapidamente a valle. La realizzazione di monumentali scaloni interni e scenografici giardini terrazzati all'esterno permisero di superare, in maniera brillante e innovativa, il problema.
Palazzo Gio Battista Spinola
Il palazzo Gio Battista Spinola o palazzo Andrea e Gio Batta Spinola, iniziato nel 1563 dall'architetto Bernardino Cantone per Giovanni Battista ed Andrea Spinola, si presentava con un massiccio cubo, inizialmente senza decorazione esterna; subì notevoli trasformazioni tra il XVII e XVIII secolo, quando fu rialzato di un piano.
Nel 1723 il palazzo fu acquistato dai Doria, signori e poi marchesi di Montaldeo. Dopo i gravi danni subiti nel bombardamento della flotta francese del 1864, la facciata ricevette l'attuale decorazione a stucco, con coppie di lesene intervallate dagli assi di finestre.
Nell'atrio si trova una grande lanterna pensile coronata dall'aquila araldica, emblema della famiglia Doria. Da qui si giunge al cortile colonnato e quindi nel piccolo ma grazioso giardino pensile.
L'interno presenta una ricca decorazione realizzata in gran parte dalla bottega dei Semino. Gli affreschi della volta del salone a piano nobile, riflettono la volontà di celebrazione dinastica degli Spinola rappresentando L'ambasceria di Oberto Spinola e Federico Barbarossa, e altre vicende legate alla famiglia. In una sala Andrea e Ottavio Semino, rappresentano le consuete tematiche mitologiche, quali gli amori degli dei, predilette dalla committenza genovese: Giove e Dafne, Nettuno e Proserpina, Venere e Adone, Giovane ed Europa, "Giove e Antiope.
Di notevole interesse una sala al piano nobile, che oltre alla volta affrescata da Luca Cambiaso con la Caduta di Fetonte e altri episodi di audacia punita come la Caduta di Icaro, presenta stucchi settecenteschi di raffinato gusto rococò e preziosi arredi.
Sempre nel salone troneggia il monumentale camino cinquecentesco in marmo di gusto manierista, mentre alle pareti sono appesi cinque arazzi fiamminghi della fine del Cinquecento con Storie di Abramo. In un salotto del piano nobile risulta ancora visibile, nella sua disposizione settecentesca, l'importante quadreria costituita dalla famiglia Doria.
Palazzo Podestà
Il palazzo Podestà o di Nicolosio Lomellini fu costruito tra il 1559 e il 1565 da Giovanni Battista Castello detto il "Bergamasco" e da Bernardo Cantone per volere di Nicolosio Lomellino, esponente di una famiglia in piena ascesa economica e politica. Agli inizi del Seicento la proprietà passò alla famiglia Centurione che effettuò una ristrutturazione interna, poi ai Pallavicini, ai Raggi ed infine ad Andrea Podestà, più volte sindaco di Genova tra il 1866 e il 1895.
La facciata, dove si percepisce la forte presenza del Bergamasco, è movimentata da una ricca decorazione a stucco, con erme maschili alate, a sorreggere la cornice marcapiano del pianterreno; nastri e drappi a reggere, al primo piano, trofei d'armi; ghirlande e mascheroni a coronamento delle finestre, con figure classiche entro medaglioni ovali, al secondo.
Anche nell'apparato festoso di stucchi dell'atrio a pianta ovale è evidente l'intervento del Bergamasco, che seppe introdurre a Genova le suggestioni della più aggiornata cultura manierista.
Il cortile aperto è delimitato ai lati dalle ali posteriori del palazzo, mentre le terrazze sovrastano un grandioso ninfeo realizzato nel Settecento su disegno di Domenico Parodi. Un giardino si apre verso il monte, eretto sfruttando il declivio della collina retrostante.
In due salotti del piano nobile Giacomo Antonio Boni affrescò Giove e la capra Amaltea e Domenico Parodi Bacco e Arianna. Di Lorenzo De Ferrari è la decorazione a stucco e ad affresco con figure di divinità sulla volta dell galleria. Il salone decorato da Tommaso Aldovrandini, è arricchito dalla serie di tele con Storie di Diana eseguita da Marcantonio Franceschini.
Palazzo Cattaneo-Adorno
Il palazzo Cattaneo-Adorno o palazzo Lazzaro e Giacomo Spinola fu costruito dai cugini Lazzaro e Giacomo Spinola tra 1583 e 1588. La caratteristica di questo edificio è quella di essere costituito da due dimore, distinte e simmetriche, unite a formare un unico corpo di fabbrica, denunciate all'esterno dalla presenza di due portali gemelli. Le due distinte proprietà, poi passate alle famiglie Cattaneo e Adorno, determinarono le diverse vicende decorative negli interni.
All'interno del portone al numero 10 la decorazione affrescata, opera di Lazzaro Tavarone, celebra sulla volta dell'atrio un'impresa bellica di Antoniotto Adorno, antenato dei proprietari, datata 1624. Nella sala del piano nobile, sempre di Lazzaro Tavarone, è l'affresco raffigurante l'Incontro di papa Urbano VI a Genova con il doge Antoniotto Adorno.
In altri salotti sotto le volte affrescate con soggetti mitologici, si conservano preziosi mobili e soprammobili e parte della ricca e nota quadreria comprendente notevoli dipinti tra il XVI e il XVII secolo.
Palazzo civico 10
Costruito a partire dal 1562 su progetto di Giovanni Ponzello per Baldassarre Lomellini, passò a fine Settecento a Cristoforo Spinola e poi a Domenico Serra. Attualmente è di proprietà della famiglia Campanella.
Il palazzo presentava all'origine una facciata con finta decorazione architettonica dipinta a fresco, e risultava coronato da una monumentale loggia aperta; il portale scolpito, opera di Taddeo Carlone, ci è invece pervenuto nelle sue forme originali. Come per molti altri palazzi, la sua forma originale ci è pervenuta attraverso la preziosa testimonianza di Rubens.
Le decorazioni originali degli interni, non più visibili nella loro integrità, erano opera di Giovanni Battista Castello il Bergamasco: di essi rimane solo qualche traccia nelle Storie di Enea e Didone, attribuite al Castello, nel salotto del piano rialzato e negli affreschi di Andrea Semino (1569) in una camera del primo piano.
Il palazzo subì molti interventi, dovuti in parte al bombardamento navale francese del 1684, in parte ai radicali rinnovamenti compiuti soprattutto negli interni da Emanuele Andrea Tagliafichi e da Charles de Wailly per Cristoforo Spinola a partire dal 1770, e infine ai bombardamenti aerei del 1942.
Palazzo Doria-Tursi
Il palazzo Doria-Tursi o palazzo Niccolò Grimaldi fu eretto a partire dal 1565 da Domenico e Giovanni Ponzello per Niccolò Grimaldi, appellato "il Monarca" per il novero di titoli nobiliari di cui poteva vantarsi, e ai quali sommava gli innumerevoli crediti che aveva nei confronti di Filippo II, di cui era il principale banchiere.
È l'edificio più maestoso della via, unico edificato su ben tre lotti di terreno, con due ampi giardini a incorniciare il corpo centrale. Le ampie logge affacciate sulla strada vennero aggiunte nel 1597, quando il palazzo divenne proprietà di Giovanni Andrea Doria che lo acquisì per il figlio cadetto Carlo, Duca di Tursi, al quale si deve l'attuale denominazione. Dal 1848 è sede del municipio genovese.
La facciata è caratterizzata dall'alternarsi di materiali di diverso colore: il rosa della pietra di Finale, il grigio-nero dell'ardesia, il bianco del pregiato marmo proveniente da Carrara. Il prospetto principale consta di due ordini sovrapposti.
Il piano rialzato sopra la grande zoccolatura alterna finestre dal disegno originale con paraste rustiche aggettanti sostituite, al piano superiore, da paraste doriche. Mascheroni dalle smorfie animalesche sormontano le finestre di entrambi i piani, contribuendo alla resa plastica della facciata.
Il maestoso portale marmoreo è coronato dallo stemma della città di Genova. Particolarmente innovativa è l'inedita e geniale soluzione architettonica che con la successione degli spazi interni - atrio, scala, cortile rettangolare sopraelevato rispetto al portico e scalone a doppia rampa - crea un meraviglioso gioco di luci e prospettive. Il palazzo rappresenta il culmine del fasto residenziale dell'aristocrazia genovese.
Palazzo Baldassarre Lomellini
Il palazzo Baldassarre Lomellini o palazzo Campanella Fu costruito a partire dal 1562 per Baldassarre Lomellini su progetto di Giovanni Ponzello. Andrea Semino ne affrescò i saloni con storie romane. Il palazzo cambiò proprietà già a fine Cinquecento, passando dapprima nelle mani della famiglia Salvago per pervenire poi nel 1772 nelle mani di Cristoforo Spinola, ambasciatore della Repubblica di Genova in Francia, che ne commissionò la ristrutturazione al genovese Emanuele Andrea Tagliafichi coadiuvato dal francese Charles de Wailly, che costruì il famoso Salone del Sole, distrutto dai bombardamenti del 1942.
Dopo un decennio di lavori, che portarono all'ampliamento dell'ala ovest ed un rinnovato decoro interno di gusto francese, lo Spinola, trasferitosi in Francia, vendette l'edificio al marchese Domenico Serra. Nel 1917 fu acquistato poi dall'armatore Tito Campanella che vi stabilì i propri uffici e ne abitò il secondo piano nobile. Oggi è aperto al pubblico il primo piano, dove è possibile ammirare gli affreschi del Semino ed una stanza di gusto romantico realizzata agli inizi dell'Ottocento da Michele Canzio.
Palazzo Bianco
Il palazzo Bianco o palazzo Luca Grimaldi fu costruito tra il 1530 e il 1540 da Luca Grimaldi, membro di una delle più importanti famiglie genovesi, dal 1658 il palazzo passò in proprietà alla famiglia De Franchi e nel 1711 venne ceduto, dagli eredi di Federico De Franchi, a Maria Durazzo Brignole-Sale, loro principale creditrice.
I nuovi proprietari, fra il 1714 ed il 1716 effettuarono un decisivo restauro dell'edificio adeguandolo ai gusti dell'epoca che da allora fu denominato Bianco per il colore chiaro dei paramenti esterni.
Nel 1889, alla morte di Maria Brignole Sale, duchessa di Galliera, ultima discendente, il palazzo divenne proprietà municipale e, per volere di quest'ultima, destinato a galleria pubblica.
La galleria - "Per la formazione di una pubblica galleria": con queste parole, nel testamento del 1884, si trova l'intenzione della duchessa di Galliera di adibire il palazzo ad uno spazio pubblico, con la prospettiva di incrementare le opere d'arte già in esso contenute, costituendo il primo nucleo del museo civico.
A partire dal 1887 si arricchì di numerose collezioni private e il municipio stesso intervenne con una oculata politica di acquisti.
L'attuale disposizione delle sale e la trasformazione in pinacoteca deriva dal trasferimento di sculture e affreschi in altre sedi museali e dal riordino, seguito alla ricostruzione postbellica del palazzo, curato da Orlando Grosso, da Caterina Marcenaro e dall'architetto Franco Albini il cui allestimento è considerato una delle opere significative del razionalismo italiano calato in un recupero storico.
La pinacoteca offre una panoramica della pittura europea dal Duecento al Settecento, con una grande prevalenza di pittori genovesi, fiamminghi, francesi, spagnoli. Del XIII e il XVI secolo sono esposte tavole di autori come Barnaba da Modena, Ludovico Brea, Luca Cambiaso; dipinti cinquecenteschi di Paolo Caliari detto il Veronese e Filippino Lippi e un'importante documentazione della pittura fiamminga e olandese dal XVI al XVIII secolo, tra i quali si possono ritrovare opere di Pieter Paul Rubens e Antoon Van Dyck. Tra gli autori francesi e spagnoli del Sei-Settecento vi sono Francisco de Zurbaran, Bartolomè Esteban Murillo, Jose de Ribera.
L'attività dei pittori genovesi del XVII e XVIII secolo è documentata tra gli altri dalle opere del Grechetto, Bernardo Strozzi, Valerio Castello, Domenico Piola e dei figli Anton Maria e Paolo Gerolamo, Gregorio De Ferrari e Alessandro Magnasco.
- Le opere più importanti:
Luca Cambiaso - La Madonna della candela
Caravaggio - Ecce Homo
Hans Memling - Il Cristo Benedicente (Ecce Homo)
Pieter Paul Rubens - Venere e Marte
Antoon Van Dyck - Vertummo e Pomona
Gerard David - Polittico della Cervara
Palazzo Rosso
Il palazzo Rosso o palazzo Rodolfo e Francesco Maria Brignole ospita la Galleria di Palazzo Rosso, una delle maggiori pinacoteche cittadine assieme a quelle del vicino Palazzo Bianco e del Palazzo Doria-Tursi, con cui costituisce il polo museale di Strada Nuova.
Costruito tra il 1671 e il 1677 su progetto dell'architetto Pietro Antonio Corradi per volontà di Rodolfo e Giovanni Francesco Brignole Sale, a questa famiglia rimase fino al 1874, anno in cui fu donato alla città dalla sua ultima erede Maria, duchessa di Galliera, per "accrescere il decoro e l'utile" di Genova e con l'evidente intenzione di lasciare ai posteri un segno della stirpe dei Brignole Sale anche con il contributo delle sue importanti collezioni d'arte.
I primi interventi decorativi furono realizzati dal 1679 da Domenico Piola e Gregorio De Ferrari con la collaborazione di quadraturisti e stuccatori, portando a compimento il Salone e l'affresco sulla volta, capolavoro del De Ferrari purtroppo distrutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, e quattro sale ispirate alle stagioni.
Nel 1691 iniziò la seconda fase decorativa con gli affreschi di Giovanni Andrea Carlone, Carlo Antonio Tavella e di Bartolomeo Guidobono.
Gli interventi di restauro e completamento decorativo continuarono fino alla metà del XIX secolo.
Continuatori della committenza artistica furono Gio Francesco I e, successivamente, suo nipote Gio Francesco II che nel 1746 fu eletto Doge della Repubblica di Genova.
In quell'anno ad opera dell'architetto Francesco Cantone venne definito l'attuale aspetto della facciata, caratterizzato da protomi leonine che segnano gli architravi delle finestre dei due piani nobili.
Il simbolo richiama l'arma araldica della famiglia, raffigurante un leone rampante sotto un albero di prugne, chiamate in dialetto genovese brignòle.
Le collezioni - Oltre al palazzo, la duchessa di Galliera nel 1874 donò al Comune di Genova la splendida quadreria che, unitamente agli arredi, formava il nucleo storico delle collezioni del museo: oculate acquisizioni e commissioni effettuate per oltre due secoli a dimostrazione dell'ascesa sociale, economica e politica della famiglia Brignole Sale.
A partire dalle prime commissione della prima metà del Seicento ad alcuni grandi artisti come Antoon Van Dyck da parte di Gio Francesco Brignole, anche i successori, a partire dalla moglie Maria Durazzo, continuarono questa politica apportando un significativo ampliamento delle ricche collezioni d'arte anche grazie alle eredità ricevute.
Oggi la quadreria si caratterizza sia per i ritratti fiamminghi sia per i dipinti di Guido Reni, di Guercino, di Mattia Preti, di Bernardo Strozzi, sia da tavole e tele d'ambito veneto del XVI secolo, fra le quali meritano d'essere ricordate le opere di Palma il vecchio e del Veronese.
Negli anni 1953-1961 furono effettuati importanti restauri, grazie ai quali gli spazi espositivi vennero più che raddoppiati in funzione di una diversa sistemazione della quadreria, inserendo anche opere non pertinenti il nucleo storico, come la collezione di ceramiche e quella numismatica in precedenza ubicate altrove.
Di diversa provenienza era anche la collezione tessile, per la quale nell'occasione venne realizzato un deposito. Inoltre trovarono sistemazione nel mezzanino fra il primo e il secondo piano nobile del gabinetto disegni stampe, la collezione topografica e la collezione cartografica.
- Alcune opere presenti
Il Guercino - Cleopatra morente
Il Veronese - Giuditta e Oloferne
De Ferrari - La primavera
Van Dyck -Paolina Adorno-Brignole-Sale
Dürer - Ritratto di giovane
Reni - San Sebastiano
Strozzi - La cuoca
Palazzo Gerolamo Grimaldi
Il palazzo Gerolamo Grimaldi fu fatto costruire tra il 1536 e il 1544 da Gerolamo Grimaldi in una zona poco urbanizzata e di notevole pendenza, con accesso e fronte principale sulla salita di San Francesco di Castelletto, oltre a due prospetti laterali affacciati su giardini a monte e a valle, molto lodati dall'architetto Joseph Furttenbach.
Sotto la committenza di Giovanni Battista Grimaldi gli affreschi della facciata più alta con le Fatiche di Ercole sono stati attribuiti ad Aurelio Busso, mentre, fuori e dentro, si sono anche letti contributi decorativi di Gio Batta Castello databili tra il 1556 e il 1566. Una quadratura più propriamente architettonica, di cui rimangono poche tracce e un'illustrazione rubensiana, decorava la facciata dell'ingresso attuale.
L'edificio cinquecentesco, dal duplice carattere di palazzo di città decentrato e di residenza di villa suburbana custodisce nella sua straordinaria ambiguità la genesi segreta di un rinnovamento architettonico che pochi hanno finora denunciato con chiarezza nelle sue ascendenze.
L'apertura di Strada Nuovissima (1778-1786, oggi via Cairoli) vi imporrà lo sbancamento del giardino inferiore e il rinnovamento del prospetto sud, con avancorpo e meridiana, a cui si deve l'attuale denominazione (Giacomo Brusco). Della vecchia facciata resta testimonianza nell'edizione rubensiana.
Passa infine dai Grimaldi di Geraci ai Serra di Cassano e, nel XX secolo, a una società di navigazione che incarica Gino Coppedè di adeguare il palazzo a sede di uffici. In questa occasione, oltre a nuove costruzioni nell'area del giardino posteriore, si copre il cortile con un lucernario liberty, si rinnovano le "grottesche" delle sue voltine e si interviene pesantemente nella decorazione interna di sale dove sono gli affreschi di Luca Cambiaso (Ulisse che saetta i Proci, Episodi dell'Odissea, Satiro sbeffeggiato da Amore) e di Lazzaro Calvi. Nell'ultimo secolo è stato più volte adibito a edificio pubblico con conseguenti tramezzature e rifacimenti.
Palazzo Gio Carlo Brignole
Il palazzo Gio Carlo Brignole fu ricostruito nel 1671 da Gio. Carlo Brignole, annettendo al palazzo paterno alcune case di Gio. Luca De Franchi; rimane di proprietà della famiglia Brignole, anche abitazione di Giacomo Maria Brignole, ultimo doge della Repubblica di Genova oligarchica, sino a passare ai Durazzo a metà del secolo scorso.
Nella prima fase l'edificio, progettato dal "capo d'opera" Pietro Antonio Corradi, aveva ingresso su vico di Santa Maria degli Angeli, mentre la piazza attuale era occupata dai giardini. Con l'apertura di Strada Nuovissima (1778-1786, oggi via Cairoli) l'ingresso viene spostato nella posizione attuale e decorato con i due telamoni di Filippo Parodi nel 1671 che originariamente chiudeva Strada Nuova all'ingresso del Giardino Brignole.
Gli affreschi del piano nobile sono di Gregorio e del figlio Lorenzo De Ferrari, Flora, Prometeo che dà vita alla statua, Aurora, Diana in cerca di Endimione, mentre quelli della volta e del portico anteriore risalgono alla proprietà Durazzo, opera di Giuseppe Isola, così come la decorazione a grottesche dell'atrio superiore, opera di Federico Leonardi.