La penna a sfera è nata in periodi tempestosi ed ha una storia molto particolare spesso intrisa di avidità, sporchi giochi e trucchi commerciali.
La penna, intesa come strumento per la scrittura, deve il suo nome alla penna d'oca che, accoppiata al calamaio di inchiostro, era il mezzo più diffuso per la scrittura fino ai primi anni del '900.
La penna d'oca, opportunamente appuntita, si imbeveva nell'inchiostro del calamaio e sfruttando le pareti della cavità naturale del tubetto di cheratina, permetteva la scrittura di qualche rigo senza dover ricaricare l'inchiostro. Ma l'inchiostro liquido, per sua natura, poteva gocciolare ed imbrattare la pagina scritta, si asciugava con difficoltà e spesso lasciava aloni e sbafi dovuti al contatto con la mano di chi scriveva. Inoltre la punta si consumava facilmente ed il tratto non era mai uniforme alle varie angolazioni.
Per ovviare al problema si inventarono i pennini di acciaio molto più durevoli. All'inizio essi erano molto costosi e venivano forgiati da pochi artigiani esperti, seguì una industrializzazione che ne permise una grande diffusione a prezzi molto ridotti. La scrittura con l'acciaio era però molto meno morbida rispetto alla penna animale e non si risolvevano i problemi di maneggiare l'inchiostro liquido sopra al foglio. In sostanza scrivere a quei tempi era un vero tormento e richiedeva grande maestria, accortezza e grande esperienza.
Una evoluzione logica alla scrittura ad inchiostro liquido fu data dalla penna stilografica (il primo prototipo fu realizzato da Scheller di Lepizig nel 1780 in bronzo e corno), è rimasta ancora oggi raro strumento per la scrittura di alta qualità, non necessita più di calamaio (in quanto la riserva di inchiostro è interna alla penna) e i suoi particolari sistemi di alimentazione a capillari del pennino, permette una scrittura fluida e scorrevole per molti fogli consecutivi. Era (ed è ancora) uno strumento piuttosto costoso che comunque necessita di accortezze particolari e pulizie frequenti perché l'inchiostro tende a seccarsi e quindi ostruire le capillarità che alimentano il pennino. Essendo considerato uno strumento di elite, si associa ad un bene di lusso a cui non mancano quasi mai inserti preziosi, pennini in oro e scatole raffinate per contenerle.
A dimostrazione di questo non vi sono contratti aziendali, accordi internazionali o pratiche notarili che, ancora oggi, non vengano controfirmate con personali e preziose penne stilografiche sfilate dal taschino della giacca.
Per la scrittura popolare però, fino alla fine degli anni '50, il mezzo tradizionale e diffuso era ancora rimasto il pennino e calamaio (lo testimoniano ancora i banchi di vecchie scuole di frazione che disponevano del tipico buco sul pianale per inserirvi il contenitore per l'inchiostro). Mancava quindi ancora uno strumento pratico, economico e facilmente trasportabile, un sistema versatile come la matita, ma affidabile e non cancellabile. Uno strumento che in realtà lo si era pensato per molto tempo (si dice che anche il grande Leonardo da Vinci avesse cercato soluzioni in merito), ma le prime proposte interessanti e realizzabili si ebbero solamente nel 1938 quando il giornalista ungherese László József Bíró pensò ad un dispositivo a sfera per trasferire l'inchiostro dal serbatoio interno alla carta, sembra che l'idea gli venne vedendo una palla che rotolava in una pozzanghera e lasciava poi una striscia bagnata sulla strada. Si dice anche che fu Italo Calvino, qualche anno dopo la sua diffusione, a chiamare la penna a sfera "biro" in onore del suo inventore.
Ora, se facciamo un passo indietro vediamo che la storia della biro è molto più accidentata di quanto sembri: in merito vi furono moltissimi brevetti documentati degli sfruttamenti di brevetto altrui e forse anche alcuni imbrogli, complice forse la guerra.
Tutta la storia in sintesi1888 John Loud un conciatore di pelli statunitense, brevetta una penna senza pennino (che trasferisce l'inchiostro alla pelle per mezzo di una sfera girevole). Ne brevetta parecchie altre per molti anni, ma non ne produce alcuna.
1891 Edward Lambert deposita un analogo brevetto.
1905 Iniziano a scadere i diritti di John Loud.
1919 László József Bíró comincia a pensare alla penna a sfera.
1935 Due cecoslovacchi, Frank Klimes e Paul Eisner commercializzano la prima penna a sfera in cui l'inchiostro è forzato verso la sfera da un piccolo pistoncino, la chiamano ROLPEN. E' la prima vera penna a sfera della storia.
1935 Bíró brevetta la sua penna in Ungheria.
1939 Bíró tenta di produrre la penna in Francia, ma desiste per via della guerra.
1943 Bíró, finanziato da Henry Martin, inizia a produrre in Argentina la STRATOPEN.
Birò era ungherese e fuggì in questo paese con il fratello Gyorgy, come lui chimico, attraverso la Francia dove tentò, già nel 1939, di produrre le sue penne. (Birò aveva un'eclettica intelligenza: giornalista, ipnotista, pittore e scultore; era un appassionato automobilista e vinse una gara pilotando una Bugatti, inventò addirittura un cambio automatico). Birò scelse di rifugiarsi in Argentina perchè anni prima conobbe, in Jugoslavia il presidente di quel paese Augusto Justo. Vedendolo usare una penna senza pennino, che non richiedeva continue ricariche (era un prototipo che Birò usava quotidianamente), lo invitò a produrre la sua penna in Argentina. Ma non avendo capitali, fu finanziato dall'inglese Henry Martin (con cui fondò la società Eterpen).
La STRATOPEN funzionava con l'inchiostro a caduta quindi la penna doveva stare verticale e l'inchiostro doveva avere una particolare densità che cambiava con la temperatura e l'umidità. Quindi, dopo i primi entusiasmi per la novità, il sistema fu un vero fallimento commerciale perché a volte macchiava e a volte non scriveva. Biro e il fratello lavorarono molto sull'inchiostro (era un inchiostro pastoso e a veloce essiccamento a base d’olio che però faticava ad aderire permanentemente sulla carta, ma non si toglieva più dai vestiti).
1943 La STRATOPEN è sostituita con la BIROME, molto migliorata perché si introdusse il concetto di capillarità al posto della caduta a gravità e rendendola a scatto. Ma gli inchiostri erano ancora inaffidabili e le penne tendevano comunque a sporcare.
Intanto l'invenzione di Birò varca i confini argentini e, anche per via della guerra, le aviazioni inglese e americana cercano una penna pratica da usare, che non spanda come le stilografiche in alta quota e offrono grosse commesse di acquisto.
Una ditta inglese acquista dall'Eterpen i diritti per l'Inghilterra e l'americana Eberhard Faber (nel 1944) fa lo stesso per gli USA.
Ora l'interesse si sposta tutto sul mercato americano, prevedendo grandi volumi di vendita.
1945 Milton Reynolds vende in USA le sue penne nei magazzini Gimbels.
Per vari accordi commerciali, perfezionamenti tecnici e ritardi sulla produzione la BIROME tarda la produzione. Entra quindi in scena anche Milton Reynolds il quale, non potendo costruire la BIROME (per il brevetto attivo), si avvale del vecchio brevetto di Loud scaduto nel 1905 e, prima del Natale del 1945, mette in vendita le sue penne appoggiandosi ai grandi magazzini Gimbels è tecnicamente un passo indietro essendo penne a caduta per gravità, ma è comunque un grande affare per il costruttore (va precisato che la penna a sfera di allora era venduta a prezzi molto alti, la penna di Reynolds costava oltre 12 $ e la BIROME quasi 20$ quindi i costruttori ci guadagnavano moltissimo).
1946 Anche la BIROME viene venduta in USA, nei magazzini Macy's, per la sua migliore qualità s'impone subito sul mercato.
1946 Si moltiplicano in USA i produttori di penne a sfera, la competitività si fa più aspra e dura, si propongono grandi ribassi sui prezzi e la concorrenza è spietata.
dal
1947 in poi si diffonde la BIROME in Europa ed in Italia debutta a Firenze.
1948 Marcel Bich compra i diritti del brevetto di Bíró e lo perfeziona in Francia.
Timidamente un altro signore si reca a far visita ai fratelli Birò, si chiama Marcel Bich. Anche lui compra il brevetto della penna a sfera e ritorna nel suo laboratorio in Francia. Lavora un paio d'anni accanitamente per migliorare il prodotto, per renderlo veramente affidabile e producibile in grande scala ad un prezzo minimo.
Fa le cose per bene, studia ogni minimo particolare e punta al grande mercato statunitense ed a quello globale. Fu così che produsse la sua penna con tecnologia automatizzata di alta precisione e la diffuse in tutto il mondo. La penna fu venduta ad un prezzo assai più appetibile con una riduzione di prezzo di oltre il 90% rispetto al primo prezzo.
Per rendere più gradito il marchio agli anglofoni, tolse anche la acca finale dal suo cognome e creò BIC un marchio universalmente semplice e fortemente caratterizzante.
Successivamente a questo evento, varie altre caratterizzazioni hanno marcato la storia della penna a sfera.
1949 Patrick Frawley vende in USA la sua penna a sfera retrattile, la PAPERMATE.
1950 Marcel Bich vende le sue prime BIC in Europa.
1954 La Parker lancia la sua JOTTER, refilabile, retrattile e a 4 colori.
1958 La BIC inizia a produrre in USA. I numeri sono ormai da paura: dal 1950 ad oggi ha venduto ben 100 miliardi di penne in tutto il mondo.
I personaggi principaliLászló József Bíró nacque a Budapest nel 1899 e morì a Buenos Aires nel 1985. E' stato un giornalista e inventore ungherese.
Cedette il brevetto della sua penna a sfera al barone francese Marcel Bich, che riuscì a produrre una penna abbattendo i prezzi ed arricchirsi. Bíró invece morì povero dopo aver tentato altre attività tutte fallimentari.
In Argentina, in onore al suo nome, si festeggia ancora, il 29 settembre il giorno degli inventori: è giorno del suo compleanno.
Marcel Bich naque a Torino nel 1914 e divenne cittadino francese nel 1932, ove morì nel 1994. Era originario di Châtillon (Valle d'Aosta), fu uno dei primi grandi industriali francesi per la sua capacità imprenditoriale, spaziò dalla penna a sfera, agli accendini, ai rasoi, alle calze e i collant, nonché windsurf e barche a vela. Con le sue imbarcazioni disputò anche la Coppa America con la sua vela "France".
La biro oggiNel tempo la penna a sfera ha subìto evoluzioni ed adattamenti rispetto allo sviluppo tecnologico del momento ed alle zone di utilizzo.
In Cina e molti paesi asiatici, per esempio, vengono preferite le punte da 0,38 a 0,7 mm di diametro (che meglio si adattano alla scrittura a ideogrammi), nei paesi occidentali, al contrario, è molto più utilizzata la punta da 1 mm.
Recentemente, grazie allo sviluppo di nuovi inchiostri, alcuni produttori hanno introdotto misure di sfera maggiorate fino a 1,6 mm che costituisce attualmente il limite massimo reperibile in commercio. I motivi che impediscono, per il momento, l'utilizzo di sfere di maggiore diametro sono principalmente:
- il rischio di fuoriuscita accidentale di inchiostro dalla punta
- la difficoltà che ha la punta di scrivere appena dopo l'appoggio sul foglio (detta starting).
Ormai esistono altre tecniche di scrittura pratiche ed efficienti al pari o migliori della penna a sfera, ma rimangono ancora fortemente distanziate dalla enorme diffusione di questo sistema.
Ma come funziona una biro? Il cuore di ogni penna a sfera è una minuscola pallina metallica, levigata con estrema precisione, in grado di trasferire sulla carta l’inchiostro denso e oleoso contenuto nel serbatoio della biro, una lunga cannuccia che sovrasta la sfera.
Perfettamente sferica, prodotta generalmente in acciaio dolce e inossidabile, questa pallina ha un diametro di appena un millimetro ed è molata (levigata) con un margine di errore inferiore al centomillesimo di millimetro. Realizzata anche in tungsteno e carbonio, a volte può essere volutamente ruvida per migliorare l’attrito con la carta e con l’inchiostro da stendere sul foglio.
La sfera viene alloggiata nella punta della biro, un cono realizzato in acciaio e ottone in grado di lasciare sufficiente liberà di movimento alla sfera. Con un colpo molto preciso e delicato vengono poi ribattuti i bordi del cono per evitare che la pallina esca dal proprio alloggiamento.
L’inchiostro passa dalla cannuccia (il serbatoio) al cono dove, attraverso una ghiera di minuscole creste, “sporca” la sfera. La minuscola presa d’aria presente nel tubicino di ogni penna evita che all’interno del serbatoio si crei il vuoto, che impedirebbe all’inchiostro di scendere e depositarsi sulla sfera. Una particolare marca di biro utilizza il principio opposto, mantenendo sotto pressione il serbatoio dell’inchiostro. Ciò consente di utilizzare la penna a sfera anche dal basso verso l’alto… e in assenza di gravità nello Spazio.
Muovendo la biro sul foglio la pallina si comporta come un minuscolo rullo. Grazie alla rotazione deposita l’inchiostro proveniente dalla cannuccia sul foglio.
Sono decine di milioni le biro vendute ogni giorno in tutto il mondo. Mediamente una penna a sfera a punta sottile può produrre circa 3,5km di scrittura, con punta “standard” si raggiungono invece i 2,5 km. circa.....Buona scrittura!
Domande frequentiChi è l'omino in piedi vicino al logo BIC®?E' l' "Omino BIC". E' stato originalmente disegnato come uno scolaro, con la testa a forma di sfera, che tiene una penna dietro le spalle.
Perché c'è un buco nel fusto delle penne BIC® Cristal®?Per uniformare la pressione all'interno della penna con la pressione all'esterno della penna. Questi sfiati o fori nei fusti della penna, principalmente aiutano a prevenire perdite d'inchiostro. Le penne che non hanno fusti con sfiato contengono sistemi ad inchiostro stagno e sono pressurizzate.
Per quanto tempo scrive una penna BIC® prima che si esaurisca l'inchiostro? Ogni penna a sfera BIC® può generare tra due e tre chilometri (più di due miglia) di scrittura.
Perché c'è un buco nel cappuccio di alcuni strumenti di scrittura?In aggiunta all'aiuto per prevenire perdita nella penna, tutti i cappucci BIC® osservano le norme internazionali di sicurezza che tentano di minimizzare il rischio di incidenti di bambini che potrebbero inalare o ingoiare i cappucci delle penne. Alcuni di questi cappucci ventilati, come quello usato per la BIC® Cristal®, hanno un piccolo buco alla sommità per osservare le esistenti norme di sicurezza.
Curiosità: La biro nello spazioPer paura che le biro non scrivessero nello spazio (per assenza di peso), sia i russi che gli americani usavano le matite. Purtroppo si accorsero che le punte si spezzavano facilmente e continuavano a fluttuare nell'aria, col rischio di essere ingerite o inalate. Inoltre, siccome la grafite conduce corrente, poteva causare corto circuiti o danneggiare alle apparecchiature della stazione.
A peggiorare le cose era risaputo che la grafite e il legno delle matite erano facilmente infiammabili nell'atmosfera di ossigeno puro (usata nelle prime capsule spaziali). Visto che la matita non era quindi la soluzione ideale per scrivere nello spazio e la penna stilografica tanto meno per problemi di fuoriuscita di inchiostro, 1965 un imprenditore statunitense, Paul Fisher, realizzò a proprie spese e di propria iniziativa la biro pressurizzata, oggi nota come Fisher Space Pen venduta a prezzi proibitivi alla NASA.
Ma ci voleva davvero una biro spaziale?Nell'ottobre 2003, l'astronauta Pedro Duque ha condotto un esperimento informale a bordo di una navicella Soyuz: è riuscito a scrivere i propri appunti usando una normale biro commerciale. Questo dimostra che non occorre affatto una biro pressurizzata per scrivere in assenza di peso. In sostanza il suo appunto citava così:
23 ottobre 2003 - Sto scrivendo questi appunti a bordo della Soyuz usando una penna a sfera da quattro soldi. Perché è importante questa cosa? Si dà il caso che lavoro nei programmi spaziali da diciassette anni, undici dei quali trascorsi come astronauta, e ho sempre creduto, perché così mi hanno sempre detto, che le normali penne a sfera non funzionassero nello spazio.
"L'inchiostro non scende" dicevano. "Prova un attimo a scrivere sottosopra con una penna a sfera e vedrai che ho ragione" dicevano. Durante il mio primo volo, portai con me una di quelle costosissime penne a sfera con serbatoio d'inchiostro pressurizzato, come fanno gli altri astronauti dello Shuttle. Ma l'altro giorno ero con il mio istruttore per la Soyuz, e ho visto che stava preparando i libri per il volo e che stava attaccando una penna a sfera a un pezzo di spago in modo che potessimo scrivere una volta arrivati in orbita. Notando il mio sbigottimento, mi disse che i russi usano da sempre le penne a sfera nello spazio.
Così anch'io ho preso una delle nostre penne a sfera, per gentile concessione dell'Agenzia Spaziale Europea (nella remota ipotesi che le penne russe fossero speciali), ed eccomi qua: non smette affatto di funzionare e non "sputacchia" né causa altri problemi.
A volte essere troppo cauti ti impedisce di fare qualche prova e quindi si costruiscono cose più complicate del necessario.
Fonte:
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